Siamo appena passati (stiamo ancora passando) attraverso una crisi pandemica mondiale che è riuscita a concretizzare scenari che solo tre anni fa avremmo considerato fantascientifici, impossibili, incredibili.
Eppure questi scenari erano stati ampiamenti previsti dagli analisti del CBC americano e da numerosi divulgatori scientifici internazionali: si trattava di valutazioni di rischio rimaste (incredibilmente?) inascoltate come una profezia di Cassandra.
Se vi avessero raccontato che questa crisi sarebbe stata la principale preoccupazione dei dipartimenti di Security Management di tutto il mondo per anni, ci avreste creduto?
Come un’ombra gigante proiettata sul mondo, la pandemia ha monopolizzato i media e, per un biennio, fatto dimenticare molti altri impellenti e forse ancora più gravi rischi che il pianeta e le nostre aziende si troveranno ad affrontare..domani.
Con la fine del Covid19 all’orizzonte (si spera) dobbiamo cominciare a rifare i conti con quei rischi che – immuni al virus – non hanno mai cessato di esistere e di aggravarsi.
Ed eccoci a Glasgow: più di 120 leader mondiali e circa 25.000 delegati sono arrivati per la conferenza sul clima COP26 delle Nazioni Unite, iniziata il 31 ottobre e che si concluderà il 12 novembre. La conferenza è considerata cruciale per affrontare il cambiamento climatico prima che diventi incontrollabile, con i leader mondiali sotto la pressione dei gruppi ambientalisti affinché intraprendano azioni più ambiziose.
Questa 26ª Conferenza delle Nazioni Unite (ONU), comunemente nota come COP26, è iniziata il 31 ottobre presso lo Scottish Event Campus (SEC) nella città di Glasgow ed arriva posticipata di un anno a causa della pandemia di COVID-19 portando a Glasgow più di 120 leader mondiali e circa 25.000 delegati accreditati provenienti da circa 200 paesi per presentare i loro piani per l’azione per il clima noti come contributi determinati a livello nazionale (NDC ). Giustamente sarebbe bene avere un piano…
I leader mondiali sono sottoposti a un’enorme pressione da parte di gruppi di attivisti ambientali e climatici per concordare un’azione più ambiziosa per raggiungere gli obiettivi stabiliti nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) del 1992 e nell’Accordo di Parigi del 2015.
Firmando l’accordo di Parigi, quasi 200 parti hanno concordato di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi Celsius (°C) rispetto ai livelli preindustriali, ma preferibilmente a 1,5°C.
Nonostante quasi tre decenni di conferenze sul clima guidate dalle Nazioni Unite, gli esperti climatici avvertono che il pianeta è già ora almeno 1,1°C più caldo rispetto ai livelli preindustriali, con temperature ancora in aumento.
I dati suggeriscono che anche se i paesi si attengono ai loro obiettivi di raggiungere lo zero emissioni nette prima del 2050, la temperatura dell’atmosfera vedrà comunque un pericoloso aumento di 2,7 ° entro la fine del secolo.
Dopo una serie di eventi meteorologici globali estremi nel 2021, tra cui inondazioni in Germania (che hanno ucciso 200 persone), incendi su vasta scala negli Stati Uniti, in Canada e in tutto il Mediterraneo, le aspettative su ciò che la COP26 dovrebbe raggiungere sono più alte del solito.
I meteorologi hanno avvertito che tali eventi meteorologici stanno diventando più frequenti e intensi a causa dei cambiamenti climatici.
L’attivista svedese per il clima e fondatrice del movimento Fridays for Future, Greta Thunberg, ha espresso riserve sui risultati della COP26 poiché i leader mondiali non sono stati all’altezza di rispettare le promesse fatte in passato.
Concludo: nei giorni scorsi leggevo un post di un amico su Linkedin che si/ci domandava se il rischio climatico debba essere gestito in azienda dalla Security o dai dipartimenti HSE.
La mia risposta è nella famiglia professionale del rischio (security, safety, finance, audit,insurance etc) nessuno può assolutamente mostrarsi cieco di fronte all’incombere del problema.
Già oggi, le crisi naturali (terremoti, incendi, alluvioni, tornato) che generano emergenze e crisi, vengono quotidianamente gestite in azienda dai Security Manager che si occupano di Travel Risk Management.
Ma è giunto il momento che tutti i professionisti della security – almeno quelli che vogliono definirsi anche “manager” – inseriscano questo tema nella propria mappa dei rischi, nel proprio Security Plan.
Di una cosa sono certo: “i professionisti della security aziendale” vengono sempre chiamati in campo quando vi sono problemi e i problemi….non mancheranno.
Non mancheranno i negazionisti (vi ricordate dei NO VAX?), ma volenti o nolenti gli effetti del climate change colpiranno sempre più forte in tutto il mondo e renderanno sempre più fragili i nostri sistemi e processi di protezione in termini di rischio paese, di interruzione del business, e non ultimo di physique Security.
È tempo di elaborare studi, osservatori e processi di security dedicati a quello che rischia di essere già diventato il rischio numero 1. Un rischio molto analogico, poco cyber, ma molto concreto.
Avete preparato il vostro Security Plan?