Recentemente mi è capitato di leggere un articolo illuminante sul Crisis Management scritto da Sara Mosqueda, Vice Caporedattore di Security Management, la rivista che mensilmente viene inviata a casa dei soci ASIS International.
L’articolo, consultabile integralmente qui, ripercorre alcuni aspetti fondamentali della gestione delle crisi e della business continuity enfatizzando l’apporto, specialmente nella fase di recovery, della comunità locale.
A seguito dell’evoluzione della pandemia da Covid19 e dei diversi disastri naturali che hanno colpito gli Stati Unti (ultimo in ordine di tempo e di forza, il tornado abbattutosi su Kentucky, Illionois e altri stati americani), per la Mosqueda, molte aziende statunitensi si sono dotate di piani di continuità aziendale focalizzandosi su parole, concetti, molto forti come “anti-fragility” e “disaster recovery plan” senza però dare effettiva continuità a quanto scritto sui piani.
Per passare dal piano scritto al fatto concerto, la Mosqueda scopre l’asso nella manica per potere “tornare a correre”: il network locale. Per diversi esperti della business resiliance, infatti, i “locals” possono permettere al Security Manager di limitare i danni dovuti ad un evento (naturale o meno) che abbia impattato l’azienda/organizzazione:
una considerazione chiave da considerare durante la pianificazione del recovery e per poter tornare a correre -prima piuttosto che dopo- è il coordinamento con la comunità locale. Sebbene le minacce provenienti dall’interno o dall’esterno possano prendere di mira un’azienda o una persona specifica; un evento climatico non fa distinzione tra un edificio e l’altro, tanto meno tra una persona e l’altra. Il valore nell’aver precedentemente connesso e sviluppato una relazione positiva con altri stakeholder della comunità, comprese chiese, primi soccorritori, centri comunitari e servizi pubblici, è che questo network può aiutare a una ripresa più rapida.
Appaiono, inoltre, fondamentali le stipule di protocolli d’intesa (MOU, memorandum of understanding) con altre aziende o organizzazioni basate localmente e su cui l’azienda potrebbe aver fare affidamento nella fase di recovery.
Ad esempio, un ospedale potrebbe attuare un MOU con un’azienda di assistenza all’infanzia, che indichi il numero di dipendenti necessari per prendersi cura dei figli del personale ospedaliero in caso di calamità naturale o altra emergenza, consentendo a medici, infermieri, amministratori e altro personale di concentrarsi sulla cura delle persone ferite da un evento meteorologico invece di come tornare a casa dai propri figli.
Un documento del 2016 del think tank RAND Corporation, What Role Does the Private Sector Have in Supporting Disaster Recovery, and What Challenges Does It Face in Doing So?, osserva, infatti, come i benefici di network costruiti localmente siano in grado di beneficiare l’intera comunità circostante. Lampante, da questo punto di vista, è l’esempio del colosso della pizza a stelle e strisce, Domino’s, che, a settembre 2021, inviò gratuitamente cibo e provviste alimentari ai lavoratori che riparavano le linee elettriche abbattute dall’uragano Ida. Nicole McDargh, Vice President of Safety and Loss Prevention di Domino’s, ha ricordato in questo modo l’episodio: “se loro non avessero continuato a lavorare, noi non saremmo stati in grado di riprende il nostro lavoro. Avevamo dei generatori di riserva, certo, ma alla fine avevamo bisogno dell’elettricità elettrica e, dunque, ci sentivamo in dovere di dar loro da mangiare e di sfamarli.”
Secondo la Mosqueda, dunque, in Domino’s hanno confermato come “in generale, coloro che ricevono un servizio sono disposti a ricambiarla, indipendentemente dal fatto se quel comportamento reciproco si presenti successivamente come il ripristino dell’energia elettrica, dare riparo a dipendenti e alle loro famiglie, o dare carburante per i generatori o altri beni e servizi.”
Il risultato finale, e quasi del tutto inaspettato per la Mosqueda, è che tutti in una comunità sono tutti uniti non solo nel tentativo di sopravvivere, ma anche in quello di prosperare nel futuro e uscire dalla situazione nel miglior modo possibile. “Niente ci unisce come un evento assolutamente orribile”, conferma, infatti, McDargh.
L’importante, però, è agire per tempo ed iniziare a creare un network locale già prima che un evento cada sull’azienda. Diversamente, a risentirne non sarà solo la visione aziendale sulla comunità ma l’intera business resilience e, più in generale, il recovery plan. Non a caso, infatti, Albert Einstein scriveva: “Continua a piantare i tuoi semi, perché non saprai mai quali cresceranno. E forse lo faranno tutti.”
Nicola Bressan
Travel Security, Crisis Management
Caporedattore – ASIS Italy