Di Marco Ranieri, Senior Investigations Manager EMEA Team, Italy – Amazon
La ribalta e la continua evoluzione della vicenda di Alfredo Cospito hanno riacceso i riflettori su due tematiche da sempre monitorate, anche se spesso in sordina: l’anarco-insurrezionalismo e l’eversione interna. Senza entrare nel merito delle rivendicazioni, argomento troppo vasto per essere qui anche solo scalfito, le dinamiche di “opportunismo ideologico” funzionali a giustificare azioni che vanno dallo stimolo di movimenti di piazza fino ad azioni violente hanno attinto negli ultimi anni nuova linfa. Uno su tutti il COVID-19 per contrastare ed arginare il quale, le necessarie restrizioni sanitarie sono state interpretate come una presunta “militarizzazione” del territorio e della stessa sanità, con riferimento all’impiego di risorse militari nella campagna vaccinale, nonché uno strumento di forte controllo sociale con chiaro riferimento al “green pass” soprattutto in merito alla sua applicazione nel mondo del lavoro. È in questo contesto che va calata la protesta di Cospito e il rinnovato attivismo delle frange più estreme della galassia anarchica interna. L’impegno sul tema del “carcerario”, non solo con la tradizionale campagna contro l’applicazione del regime detentivo del 41 bis a ex brigatisti, ma anche mediante mirate iniziative tese a strumentalizzare le ricadute della pandemia sulle condizioni di vita all’interno degli istituti di pena, non costituisce affatto una novità. Non è un caso che a citarlo, già lo scorso anno e ben prima delle azioni dimostrative di Cospito, erano in nostri Servizi di Informazione e Sicurezza all’interno della relazione annuale al Parlamento.
Negli scorsi anni i bersagli principali di azioni dirette di matrice anarchica sono state le aziende di tecnologia/telecomunicazione seguite dalle Forze di Polizia, da ENI/Enjoy, dalla Sanità per finire, in via residuale, con istituti di credito, esercizio commerciali e sedi di partito. I rischi correlati per le aziende impattate sono molteplici e le sfide per i Security Managers costanti. Particolare rilievo e gravità ricoprono tutte le valutazioni che gravitano attorno alla protezione dei dipendenti/dirigenti di aziende bersaglio e gli asset materiali ad alto ritorno mediatico in caso di danneggiamento o sabotaggio. Qualora non fosse sufficiente l’appartenenza di Cospito stesso alla FAI (Federazione Anarchica Informale), o il suo essersi in prima persona reso responsabile della gambizzazione del dirigente della Ansaldo Roberto Adinolfi, una lettera di minacce a firma anarchica con un proiettile è stata recapitata all’Iveco Defence Vehicles di Bolzano: “Colpiremo un manager e lo faremo davanti alla sua famiglia“. Il tema è più attuale che mai.
Tenendo valide tutte le misure di mitigazione del caso, due aspetti meritano di essere sottolineati nello specifico. Innanzitutto la capacità di tenere vivo e costante il dialogo con gli apparati statali competenti per materia tanto a livello centrale (Servizi d’Informazione e Sicurezza, Direzione Centrale per la Polizia di Prevenzione) quanto a livello locale (DIGOS), in uno scambio bidirezionale di informazioni con un chiaro focus preventivo e proattivo. Lo scopo primario è quindi quello di evitare di giocare il ruolo dei recettori netti di informazioni che potrebbero non arrivare o arrivare tardivamente, tenendo sempre presente che è sul campo che si colleziona argilla informativa di qualità dalla quale prende forma l’intelligence. Riuscire a “pesare” le informazioni in anticipo può essere complicato e questo rende ancora più strategico il rapporto di fiducia con le istituzioni generalmente in possesso tanto di visione d’insieme, quanto di poderosa capacità di dettaglio. In secondo luogo, ed in maniera del tutto funzionale al primo aspetto, una formazione mirata su quegli elementi identificativi di profili affini alle varie forme di estremismo. Elementi questi, definiti tecnicamente come Common Risk Indicators (CRI), che si riferiscono a caratteristiche fisiche, attitudinali, comportamentali e lessicali tipiche di profili sospetti ed inclini all’estremismo e che possono essere estremamente utili nello scambio di informazioni con le autorità. La capacità di lettura del linguaggio non verbale ricopre in quest’ambito un ruolo primario ed esistono attività formative variegate ed estremamente valide in tal senso. Avere personale specificatamente formato alla lettura ed interpretazione di questi indicatori è un indiscutibile valore aggiunto al quale ogni azienda a rischio impatto terroristico dovrebbe tendere. Chiude il cerchio una effettiva capacità di comunicazione interna che renda efficace la circolarità delle informazioni impattanti. Tre sono le parole chiave da tenere presenti per una prevenzione efficace: Osservare, analizzare, condividere.