Occupandomi della sicurezza delle persone che viaggiano e vivono all’estero per lavoro, spendo molta parte del mio tempo, cercando segnali dal futuro per anticipare i problemi, evitare disgrazie e scongiurare incidenti. Il resto del tempo lo passo a sensibilizzare persone e proporre soluzioni per gestire i rischi che si concretizzano in pericoli per i miei colleghi. Mi occupo di terremoti, rivolte politiche, epidemie e di tutti quegli incidenti più o meno gravi che la sorte mette sulla strada dell’azienda in cui lavoro. Sono un security manager che si occupa di rischi esteri.
Alcuni colleghi vedono questo ruolo aziendale come quello di un risolutore di problemi, io preferisco descrivermi come uno stratega nell’arte di evitarli o come un allenatore capace di rendere l’azienda più resistente all’urto quando l’inevitabile accade. Ad esempio, un terremoto non si può “evitare” ma, si possono scegliere palazzi resistenti e costruiti secondo norme tecniche adeguate. Non si tratta solo di vedere le cose da un punto di vista diverso: oggi più che mai è vitale per le organizzazioni adottare un approccio nuovo e coraggioso a quei rischi che si caratterizzano per bassa frequenza e grande impatto e che oggi generalmente vengono gestiti con strategie di trasferimento del rischio, in una parola “assicurandoli”. Si tratta ormai non solo di valutare rischi, ma – come stiamo vedendo tutti i giorni da due anni – di preparare DAVVERO le nostre organizzazioni alla gestione dell’impatto di potenziali eventi di crisi. Questo tipo di rischi è simile ad una lotteria a cui le persone e le aziende partecipano, anche senza dover comprare il biglietto! Mi riferisco a quei rischi che si manifestano di rado, ma quando lo fanno generano disastri e vengono subito etichettati come disgrazie imprevedibili! Solo per citare alcuni “Cigni Neri” recenti: l’attacco alle torri Gemelle, lo Tsunami del 2004, il tracollo finanziario mondiale del 2008, l’incidente atomico di Fukushima del 2011 e…naturalmente il Covid19.
Sono migliaia le aziende fallite per COVID19 in Italia nel 2020 e ben 6 stati nel mondo hanno fatto default nello stesso anno. Questi eventi se non possono essere previsti, devono comunque essere considerati ,e preparati, per ridurne i devastanti effetti. La Pandemia è emblematica: ha trovato tutto il mondo impreparato: fin da subito il problema si è manifestato con chiarezza: in Cina già a gennaio 2020 gli ospedali erano invasi e la gente, contagiata, moriva nei corridoi. Come abbiamo fatto in Europa (e in Italia) ad attendere tanto prima di adottare provvedimenti? Solo dopo mesi abbiamo attivato procedure di triage e controlli in entrata nei paesi. Da subito siamo rimasti senza mascherine, ventilatori e posti letto perché non avevamo piani concreti di contingenza e di logistica per gestire il problema. La cosa più grave? Il piano pandemico italiano, non veniva aggiornato da molti anni: il rischio pur conosciuto, era trasparente per le nostre aziende. A due anni di distanza, dopo 5,3 milioni di morti continuiamo in tutto il mondo a combattere la battaglia con schizofrenia strategica. La domanda che mi pongo, rimane valida anche per tutti gli altri rischi “rari e gravi”: “ Perché non riusciamo a mettere a fuoco questi fenomeni per tempo? Perché non ne rileviamo i segnali deboli?
Ho letto un aneddoto che lo spiega bene:
Sotto un lampione c’è un ubriaco che sta cercando qualcosa per terra.
un poliziotto avvicinatosi, gli chiede cosa abbia perduto.
«Ho perso le chiavi di casa», risponde l’uomo, ed entrambi si mettono a cercarle.
Dopo lunghe ricerche, il poliziotto chiede all’uomo se è proprio sicuro di averle perse lì.
L’altro risponde: «No, non le ho perse qui, ma là dietro», e indica un angolo buio in fondo alla strada.
«Ma allora perché diamine le sta cercando qui?»
«Perché qui c’è più luce!»
Il nostro cervello tende a non uscire dalla sfera di confort cercando risposte facili ed immediate anche a problemi complessi. L’effetto lampione è un tipo di distorsione cognitiva, che ci porta a cercare risposte sotto la luce delle nostre sicurezze: cerchiamo insomma laddove sappiamo che, se ci fosse una soluzione, l’avremmo già trovata. Per concludere, se è vero che da sempre le gravi epidemie si ripetono più volte ogni secolo, mai come oggi la globalizzazione e l’invasione da parte dell’uomo di ecosistemi un tempo remoti ci mettono tutti in connessione rapida con rischi nuovi. Epidemie a rapida escalation, gravi crisi naturali ed economiche saranno sempre più frequenti. Alcune così vicine da poterle toccare:
- Crisi delle materie prime
- Problemi logistici
- Spinte inflattive
- Riscaldamento globale
- Nuove pandemie
- Guerre
Da vent’anni parliamo di resilienza organizzativa e-business continuity, da 50 di lotta all’inquinamento; eppure, siamo ancora molto lontani da aver fatto seguire i fatti alle parole: solo per fare un esempio pratico in Italia nel 2019 le aziende certificate Business Continuity ISO22301 erano solo 26.
Quando parliamo di rischi che possono comportare crisi vitali, il requisito non è più la mitigazione del rischio, ma la sua neutralizzazione. Per costruire sistemi a prova di crisi dobbiamo rivedere i nostri concetti di sostenibilità e di approccio al rischio anche a costo di enormi sforzi di ricerca ed innovazione, o di dover ridurre i margini operativi a fronte di visioni di lunga portata. Non solo dobbiamo creare piani di continuità per ogni rischio raro, ma concreto: dobbiamo renderli vivi con training e verifiche frequenti, e con risorse adeguate ad attivarli. L’esempio delle pandemie è chiaro: preparare un piano non basta:
- bisogna avere la capacità di produrre gli asset critici
- bisogna avere capacità di creare posti letto in tempi rapidi per isolare i contagiati
- bisogna avere capacità locale di produrre vaccini
E naturalmente bisogna avere il coraggio di agire, superando l’immobilismo e le divisioni. Quando cerchiamo risposte a quesiti che ci attanagliano, le risposte dobbiamo cercarle nelle zone buie e poco battute, ovvero in quelle che richiedono maggiore impegno e maggiori mezzi. Solo domande nuove portano risposte nuove.
Servono lampade per illuminare il buio, non restate sotto il lampione.