Di Nicola Bressan – Security Specialist
La guerra in Ucraina non ha solo prodotti conseguenze per il continente europeo e, seppure in molti guardino alla Russia come il soggetto ostile nello scacchiere internazionali, molti paesi guardano con timore al ruolo (e alle mire) di Pechino. Il Dragone Rosso, infatti, sembra oggi più che mai il vero attore nell’arena geopolitica in grado di “mandare avanti” il suo alleato russo in un conflitto che ha molte delle caratteristiche e peculiarità di un potenziale conflitto con Taiwan, la “Provincia Ribelle”: democrazie tecnologicamente e militarmente all’avanguardia, vicine all’Occidente e, da questo ultimo, armate.
È proprio Taiwan il primo attore “interessato” dagli esiti e dalle operazioni in Ucraina. Taipei vede, con timore, le continue esercitazioni navali e aeree condotte dal governo di Pechino, spesso sfociate in vere e proprie invasioni dello spazio territoriale taiwanese, come ad esempio l’ultima esercitazione che ha simulato un accerchiamento totale dell’Isola Ribelle[1]. La minaccia, sempre più concreta, di un potenziale conflitto con il Dragone Rosso ha, così, portato il Ministro della Difesa di Taiwan, Chiu Kuo-cheng, ad estendere il servizio militare obbligatorio per gli uomini, salito ora a 4 mesi all’anno. Taiwan, inoltre, da anni sta portando avanti una strategia militare, per alcuni osservatori riutilizzata dallo stesso esercito ucraino, che potrebbe dare alcuni vantaggi in un potenziale scontro con la Cina: la strategia del porcospino. L’assunto della strategia, studiata da strateghi americani e taiwanesi, è che Taiwan e la Repubblica Popolare Cinese non si trovano sullo stesso piano e un conflitto tra loro apparerebbe come uno scontro Davide contro Golia (le forze armate cinesi sono 12 volte più grandi rispetto a quello di Taiwan[2]). Pertanto, Taipei deve adottare modi più leggeri per respingere l’avanzata cinese. Anziché acquistare costose attrezzature convenzionali, come carri armati, fregate e sottomarini, difficili da nascondere e facili da colpire, la stratega del porcospino preferisce concentrarsi “su armi agili e occultabili, come i missili portatili Javelin e Stinger, gli stessi si sono rivelati utilissimi in Ucraina”[3]. Il porcospino, come ricorda l’Economist, per respingere il nemico non deve, infatti, per forza essere più forte o più grande del predatore, gli basta avere, “numerosi aculei affilati”[4].
Fig. 1- il porcospino taiwanese visto da Wall Street Journal[5]
Se Taiwan ripensa alla sua strategia, un’altra democrazia regionale guarda con attenzione agli sviluppi del conflitto ucraino e agli altri attori coinvolti: la Corea del Sud. Seul, infatti, punta a diventare il quarto più grande esportatore di armi al mondo facendo forza sui rapporti con i paesi occidentali e sulla continua minaccia nordcoreana che permetterebbe, secondo i generali sudcoreani, di fabbricare armi sempre più tecnologicamente avanzate. Nel solo 2022, le armi esportate dalla Corea del Sud sono, infatti, cresciute del 140% per un totale -record- di oltre 17,3 miliardi di dollari[6] facendo di Seul uno “dei maggiori vincitori nel conflitto ucraino”[7]. A ciò è corrisposto un aumento vertiginoso del budget per la difesa e la volontà, espressa più volte, da parte del neo-Presidente conservatore Yoon Suk Yeol di ospitare ed acquistare risorse nucleari statunitensi sul proprio territorio in visione anti-Pyongyang[8].
Oltre a Seul, un’altra democrazia si sta, incredibilmente, amando: il Giappone. Incredibilmente perché la Costituzione giapponese, scritta dalle forze occupanti americane dopo la fine della Seconda guerra mondiale, proibisce al paese di avere un esercito e di dotarsi di “ulteriore potenziale militare”. A fine dicembre 2022, infatti, il Primo ministro liberal-democratico, Fumio Kishida, ha imposto al Paese quella che i media locali hanno definito una “drammatica svolta”[9] che reinterpreta la Costituzione prevendendo il raddoppio della spesa nazionale per la difesa, arrivando, entro il 2027, a superare lo scoglio del 2% del PIL (l’Italia viaggia attorno all’1,54% e solo 8 paesi NATO raggiungono l’obiettivo dell’Alleanza Atlantica del 2%[10]). Oltre ad aumentare i propri budget militari, Tokyo, minacciata dai disegni egemonici di Pyongyang e Pechino, è estremamente attiva nel campo diplomatico divenendo protagonista di diversi accordi militari con le altre potenze. Di recente, infatti, Tokyo ha stretto alcuni rilevanti accordi con Delhi, tra cui la possibilità di utilizzare, all’occorrenza, uno le basi navali dell’altro[11] e l’inizio di ingenti esercitazioni aeree congiunte[12]. Tokyo ha, inoltre, stretto accordi che ci riguardano direttamente come quello firmato, a dicembre 2022 assieme alla Premier Meloni e al Primo Ministro Suniak, per lo sviluppo di un jet supersonico (Tempest) e che dovrebbe essere operativo nel 2035, all’interno di quella che è già stata definita “un’alleanza senza precedenti” [13] fra Roma, Londra e Tokyo.
A questi tre player e ai loro progetti, vanno ad aggiungersi anche tutte le mosse degli altri attori -democrazie e non- che certamente non stanno a guardare (Malesia, Indonesia, Filippine, Thailandia, Vietnam, Corea del Nord e Cina stessa) che stanno caratterizzando l’Estremo Oriente come lo scenario più turbolento dello scacchiere mondiale. Non è, dunque, un caso che molti analisti stiano già parlando di “corsa al riarmo asiatico” con i paesi dell’Asia che, tra il 2010 e il 2020, hanno fatto accrescere la spesa militare della regione del +52,7%. Molto di più, come nota lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), del +14,4% fatto segnare nello stesso lasso di tempo dall’Europa e del -10,6% del Nord America. A ciò si aggiunge il potenziale e l’enorme raggio d’azione che i governi asiatici possono ancora liberare: questi Paesi, infatti, spendono molto meno in percentuale del Pil rispetto ad altre potenze mondiali. La Cina, ad esempio, l’anno scorso ha speso appena l’1,23% del suo Pil in ambito militare, rispetto al 3,29% degli Stati Uniti[14].
Fig. 2 – la spesa militare per regioni geografiche secondo SIPRI: da notare la curva in aumento dell’area “Asia and Oceania”
[1] AGI, La Cina sta simulando l’accerchiamento totale di Taiwan (agi.it)
[2] The Guardian, Inside Taiwan: Standing Up to China review – un’avvincente analisi del potenziale Armageddon nucleare | Televisione e radio | Il Guardiano (theguardian.com)
[3] InsiderOver, La strategia del porcospino di Taiwan: così l’isola si difende da Pechino (insideover.com)
[4] The Economist, What is Taiwan’s porcupine defence strategy? | The Economist
[5] WSJ, Deter China by Turning Taiwan Into a Porcupine – WSJ
[6] Nyt, They’re Exporting Billions in Arms. Just Not to Ukraine. – The New York Times (nytimes.com)
[7] The EurAsian Times, At 17.3 Billion In Arms Sales, South Korea Emerges As One Of The Biggest Winners From Ukraine-Russia War (eurasiantimes.com)
[8] NK News, FULL TEXT: Yoon Suk-yeol’s remarks on South Korea acquiring nuclear arms | NK PRO (nknews.org)
[9] The Japan Times, Japan approves major defense overhaul in dramatic policy shift | The Japan Times
[10] NATO, Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2021)
[11] Reuters, India, Japan seal military logistics cooperation pact | Reuters
[12] The Japan Times, India-Japan defense ties enter new phase with first joint fighter drills | The Japan Times
[13] Sky TG 24, Difesa, accordo Italia-Regno Unito-Giappone per la costruzione di un jet supersonico | Sky TG24
[14] InsideOver, La nuova corsa agli armamenti dell’Asia che spaventa il mondo (insideover.com)