Di Alice Pradelli, Travel Risk Management and security analyst, Scuola Internazionale Etica & Sicurezza
Il 2022 si è rivelato un anno tempestoso. Nonostante l’auspicata rinascita dopo i suoi predecessori 2020 e 2021, il 2022 è stato caratterizzato da un rocambolesco cambio di equilibri. Dimostrando come il linguaggio rifletta la società, la parola “permacrisis” è stata eletta parola dell’anno[1] identificando la sensazione di vivere durante un esteso periodo di instabilità e insicurezza.
I riflettori sono quindi puntati sul 2023: quali prospettive?
Possiamo constatare oggi il mutamento di numerosi capisaldi del recente passato: vediamo il ritorno alla ribalta di alcuni attori come la NATO, o la Turchia di Erdoğan divenuta il grande mediatore, nonché di alcuni strumenti, quali i controversi sussidi divenuti ora preziosi.
Conversamente, si nota altresì la caduta di stile dei regimi, ritenuti fino a poco fa celeri decisori contrapposti alle lente democrazie, e ritenuti ora esecutori di decisioni sbagliate (possiamo citare come esempi la guerra russa in Ucraina e le politiche zero-covid cinesi). Ci siamo ritrovati dinnanzi al modello tedesco in panne, nonché alla prioritizzazione de facto della sicurezza energetica rispetto alla “energy transition”[2].
Emerge quindi come il mondo che entra nel 2023 possa essere considerato un “nuovo mondo”, proprio mentre assistiamo a una sorta di cambiamento di paradigma, ben descritto dalle parole di Paolo Magri, Vicepresidente Esecutivo ISPI. Dall’interdipendenza, ovvero dalla concezione che fino a che fosse esistito un interesse reciproco, il mondo avrebbe avuto pace e sicurezza, siamo stati traghettati nell’ “interdipendenza armata”. Ci siamo scontrati ben presto con il concetto che “non è vero che dove passano le merci non passano gli eserciti. Abbiamo visto in Ucraina che dove passano gli eserciti, non passano più le merci”. Quegli stessi beni oggetto dell’interesse reciproco diventano strumenti di confronto, vengono usati come arma. “Un altro mondo”[3].
Quali possono quindi essere le lezioni imparate, e quali prospettive per il 2023?
Una cosa è certa, abbiamo compreso come eventi ritenuti impossibili da alcuni, o altamente improbabili da altri, possano comunque avvenire. Una volta che le cortine di ferro calano, che l’impensabile si verifica, si entra in un mondo che viene normalizzato in una nuova realtà. E all’improvviso il concetto dell’impossibilità viene meno: tutto diventa improvvisamente possibile, magari rimanendo improbabile nelle menti più razionali o informate, ma le quali riconoscono tuttavia la necessità di analisi di scenario ben più complesse. Tuttavia, per gran parte della società, questa ‘possibilizzazione’ non fa che alimentare un futuro caratterizzato da una “paura straniante di essere esposti a rischi globali incontrollabili”, con “la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani”[4].
Eppure forse, in fin dei conti, è proprio questa la regina delle lezioni imparate: l’attenzione alla lettura dei segnali deboli e la necessità di mantenere un approccio aperto all’ascolto, al confronto, e all’inimmaginabile, che potrebbe presto divenire realtà.
[1] Permacrisis declared Collins Dictionary word of the year, BBC News, 1 November 2022.
[2] Paolo Magri, Vicepresidente Esecutivo ISPI, intervento alla conferenza “Il mondo nel 2023: Sarà quiete dopo le tempeste? Scenari per le imprese, tra rischi e opportunità”.
[3] Ibid.
[4] 56° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, «La società italiana al 2022», 2 Dicembre 2022.