Negli ultimi tempi, il termine violenza è spesso tornato in prima pagina sui giornali e telegiornali. Partendo dalla guerra in Ucraina che si sta combattendo ogni giorno, passando per l’ondata di proteste che sta travolgendo l’Iran, giungendo fino all’aumento di aggressioni che si registra, in particolare, per alcune categorie di lavoratori.
Recentemente, nel settore dei trasporti, il Corriere della Sera riporta numeri allarmanti: 58 dipendenti aggrediti nell’arco di 9 mesi. Riguardo invece al personale sanitario, Ansa riporta una media annuale di 2.500 violenze subite sul lavoro dal personale sanitario fra 2016 e 2020.
Del fenomeno, già di per sé degno di nota, occorre tuttavia delineare un’altra sfumatura: l’Indagine ISTAT sulla sicurezza dei cittadini effettuata nel 2016 ha stimato il numero delle donne che, nel corso della loro vita e nei tre anni precedenti all’indagine, sono state vittime di molestie e ricatti sessuali in ambito lavorativo. Fornendo una definizione più precisa, sono comprese le molestie sessuali con contatto fisico, fino al tentativo di utilizzare il corpo della donna come merce di scambio, con la richiesta di prestazioni o rapporti sessuali o di una disponibilità sessuale in cambio della concessione di un posto di lavoro o di un avanzamento di carriera. Dall’analisi emergono dati allarmanti: un milione e 404 mila donne, nel corso della loro vita lavorativa, ha fatto esperienza di molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. L’8,9% per cento delle lavoratrici (attuali, passate, in cerca di occupazione).
Da questa breve panoramica emerge in fretta il nocciolo della questione: la violenza non si trova solo all’esterno, il fenomeno esiste ed è da considerare quando ci occupiamo di corporate security.
Ma come gestirlo?
Formazione, educazione, consapevolezza. Queste sono tre parole chiave che Asis International, nello “Workplace Violence and Active Assailant – Prevention, Intervention, and Response Standard”, pubblicato nel 2020, identifica come cardini di un programma di prevenzione e intervento per la violenza sul luogo di lavoro. Dallo standard emerge anche la necessità di leggere i segnali deboli che spesso precedono un incidente violento ed elaborare dei piani di risposta per gestirlo nella maniera più efficace possibile. La redazione di una policy e il coinvolgimento degli stakeholders chiave sono ritenuti elementi altrettanto importanti. Un ulteriore aspetto chiave da sottolineare è la gestione del post- incidente, qualora esso si verificasse.
Per concludere, è ormai chiaro che il fenomeno esiste. Emerge anche la necessità che venga gestito, quantomeno in virtù del Duty of Care. Un primo punto di partenza per costruire un efficace sistema di prevenzione e intervento è senz’altro lo standard pubblicato da ASIS International.